mercoledì 17 gennaio 2007

Parola d’ordine: investire! (anche al Casinò, se serve)

La tappa all’autogrill.


- Cesare, piacere - disse il tipo col caschetto chiaro da Beatle - Padana Press, dieci ore al giorno, scatolette di plastica, ti fai il culo però pensi ai fatti tuoi e pagano bene.
- Vittorio - disse il tipo col caschetto scuro da Beatle - sto in attività con mio padre, porte blindate.
- Un fighetto raccomandato - disse il Beatle più chiaro - entra ed esce quando vuole, computer, segretarie e guarda con che macchina gira!
- Il Suv è della ditta… - disse il Beatle più scuro abbassando Pappalardo - Ah, gran numero al night: complimenti, Alfredo!
- Complimenti! - echeggiò ridacchiando il Beatle più chiaro.
L’auto inchiodò a un semaforo.
Il ragazzo dai capelli lunghissimi si aggrappò ai sedili davanti per dare un’occhiata ai due Beatles. Ventenni o poco più, portavano camicie di seta con temi improbabili e un colletto a punta larghissimo, pantaloni eleganti ma non troppo, scarpe sgargianti calcio a cinque.
Alfredo pensò a come farsi riaccompagnare al casolare.
- Si va al casinò, che dici? - chiese Cesare.
- Casinò?
- Al Money, mai stato?
- è poco che sono qui…
- è da provare! Un paio d’ore e ci siamo, in autostrada - disse Cesare.
- Anche meno - disse Vittorio.
- Non ho molti soldi con me - mentì Alfredo.
Cesare tirò fuori alcune banconote di grosso taglio.
- Quasi mille euro.
- La settimana scorsa era giorno di paga - disse Vittorio cambiando cd: fuori Pappalardo, dentro Pupo.
- Allora - disse premendo play - proviamo a farli diventare il triplo? - e indicò il cartello verde dell’A4.
Alfredo pensò al suo povero nonno. Guardò i soldi che Cesare teneva sulle ginocchia.
- Allora! - urlò Vittorio.
- Vengo con voi - disse Alfredo.
Durante il tragitto il tachimetro non scese mai sotto i centosettanta. Di tanto in tanto Vittorio aveva letto i messaggi sul telefono facendo sbandare il Suv. Cesare aveva subito tirato fuori un sacchettino di polvere bianca e ci aveva trafficato un bel po’ prima di passarlo all’amico.
Poi la musica si abbassò di colpo.
- Solo un minuto per pisciare - disse Vittorio, e svoltò in autogrill.
Appena entrati i due Beatles dissero ad Alfredo di fare lo scontrino per due caffè e due grappe. Poi sparirono in fretta in fondo alle scale che portavano ai gabinetti. Al suo turno, Alfredo pagò lo scontrino per tre caffè e due grappe.
Mentre sorseggiava il suo caffè al banco, un cameriere gli portò le due grappe. Era alto, robusto, col viso rugoso scavato dall’età. Appena lo vide gli parve una faccia conosciuta.
L’uomo fissò Alfredo.
- Vacci piano, mi raccomando.
- No, non sono mica per me - si giustificò il ragazzo.
- Qualcuno dovrà pure guidare - disse il cameriere.
Alfredo guardò le due grappe. Poi di nuovo il cameriere. Gli parve ancora più vecchio. Stava pulendo il bancone con una spugnetta bagnata.
- Ho una figlia. Avrà la tua età - riattaccò lui.
- Io ne ho diciassette - disse Alfredo.
- Lei ne ha uno in più. Chissà dov’è adesso, a quest’ora…
Il cameriere prese in mano la tazzina vuota di Alfredo.
- Tu dove stai andando?
- Al casinò.
L’uomo sorrise. Poi scosse il capo.
- Lascia perdere. Nessuno ti regala niente a questo mondo…
- è la prima volta… - fece Alfredo. Poi si voltò verso le scale che portavano alla toilette.
Cesare e Vittorio comparvero sui gradini ridacchiando.
- È sempre così. Per correre dietro agli amici si inizia, si gioca, si vince un po’, poi si perde, ci si impunta, si gioca di nuovo… - disse il cameriere.
- Avanti nonno, cammina! - lo zittì Vittorio.
Il cameriere guardò per un momento Alfredo, poi fu chiamato a servire dei clienti ma nessuno riuscì a sentire il suo nome.
- Perché l’hai trattato così? - chiese Alfredo.
- Un’altra volta impara a farsi i cazzi suoi.
- I cazzi suoi - echeggiò Cesare ridacchiando.
I due Beatles buttarono giù il caffè. Poi, d’un fiato, le grappe.
Alfredo, sul sedile posteriore del Suv, non poté fare a meno di pensare alle parole del vecchio cameriere. Soprattutto, cercò di capire dove lo aveva già visto.