mercoledì 28 febbraio 2007

Adesso tu mi paghi lo stesso

Alfredo sfugge alla polizia e finisce stremato sulla sponda del fiume


Si misero giusto al riparo del caco. La ragazza si avvicinò ad Alfredo e gli slacciò i pantaloni. Alzò la minigonna di pelle nera fino ai fianchi, prese un preservativo dalla borsetta e spinse Alfredo contro l’albero. Sentì le tempie pulsare, le gambe tremare. La ragazza si accovacciò. La seguì con lo sguardo e subito diventò rosso in viso. Alzò gli occhi e guardò dritto davanti a sé. Sulla parete del casolare di fronte, una scritta gigantesca: Padania Libera.
- Tu droga? - chiese la ragazza fissandolo dal basso.
- Droga?
- Droga - disse lei con il preservativo tra le dita.
Alfredo sentì mancare le ginocchia. Se non fosse stato per il caco sarebbe di sicuro finito per terra.
- Tu troppa droga - disse lei mentre lavorava con le mani.
In alto, sopra il casolare, la luna sparì fra due nuvole.
- Qui niente, tu troppa droga.
Alfredo si sistemò la coda.
- Tu paga me lo stesso - disse a voce più alta.
Si sentì un suono di sirena. La ragazza scattò in piedi e raccolse la borsetta. Alfredo restò immobile a fissare il casolare senza capire che cosa stesse accadendo. Quando la volante inchiodò accanto al Suv, la ragazza era sparita. Un faro bianco e potente illuminò il ragazzo dai capelli lunghissimi. Alfredo si sistemò i pantaloni alla meglio e puntò alle sterpaglie. Si buttò in mezzo ai rovi e continuò a correre. Sentiva le gambe pesanti, che faticavano a rispondere ai comandi. Corse per una decina di minuti almeno, poi sbucò lungo un fiume largo, circondato da sassi e cespugli. Passava sotto a un enorme ponte, sul quale sfrecciavano macchine che nella notte sibilavano fastidiosamente. Alfredo cercò un appoggio per riprendere fiato. Si trascinò fino a uno dei giganteschi piloni di cemento che reggevano il ponte. Vide una scritta verde all’altezza del viso: Razza Piave.
- Finirò in galera. Anzi, finirò in riformatorio...
Sentì un sonata di clacson venire dal ponte. Una moto rientrò dopo un sorpasso azzardato.
- La mia foto finirà sui giornali…
Sentì gli occhi gonfiarsi di lacrime. Aguzzò la vista per vedere la superficie dell’acqua. Si staccò dal pilone e provò a camminare. Barcollò, poi fece un paio di metri verso il fiume. Ora lo sentiva scorrere forte, ma non riusciva ancora a vederlo. Guardò in alto e vide che non c’erano stelle. Avanzò ancora un po’ e sentì più chiaramente i gorgheggi dell’acqua, come se s’infrangesse contro qualcosa di duro. Si fermò giusto sul bordo ghiaioso del fiume, appoggiandosi con una mano al tronco pesante di un salice. Riuscì finalmente a scorgere l’acqua. Correva veloce, più veloce di quello che aveva immaginato. E il rumore era così forte che non si sentivano più le macchine passare sopra il ponte. Tirò gli occhi e vide davanti a sé, quasi al centro del fiume, un sasso spuntare dalla superficie dell’acqua. Aveva trattenuto rifiuti d’ogni tipo. Vide, tra le altre cose, dei sacchetti di plastica bianchi e azzurri, un flacone di detersivo tutto rosicchiato, una siringa e una scatola di assorbenti. Alfredo ripensò al nonno.
- Quei due parleranno, la polizia piomberà in casa, sveglierà il nonno, gli dirà tutto, che sono entrato in un giro di droga, che vado a puttane, che perdo i suoi soldi al casinò…
Una lacrima si fece strada sul viso e cadde a pochi centimetri dalla scarpa, sopra una scatola di esche vive. Alfredo alzò la testa e riguardò l’acqua del fiume. Gli occhi si bagnarono di lacrime, la vista si fece ancora una volta sfocata. Cercò di fissare un punto preciso. Fece mezzo passo. I sassi, sulla sponda, cedettero sotto i suoi piedi.