mercoledì 22 novembre 2006

Il pasto di Alfredo, polenta a colazione

Il nonno di Alfredo ritorna al (suo) casolare e dona al nipote la colazione che aveva comprato (per sé).

Il ragazzo dai capelli lunghissimi provò a mettersi in piedi. Starnutì, barcollò, ripiombò sulla poltrona.
- Alfredo! - la voce del vecchio tuonò dal cortile.
- Un momento nonnino! Mi alzo e ti... ti... - balbettò, poi una raffica di starnuti.
- Un momento un corno! Apri! Questa è casa mia! - sbraitò il nonno picchiando il pugno sul portone di legno.
Alfredo, con gli occhi gonfi e il naso che colava, ciondolò verso l’entrata.
Il portone ancora tremava. Lo aprì piano.
- Sant’Antonio, nipote!
Il nonno si presentò stranamente ben pettinato. Reggeva in mano un sacchetto di carta marrone.

- Tu! - partì in quarta agitando il sacchetto - Per colpa tua mi hanno trascinato in casa di riposo! Mi hanno dato minestrina, purè, medicine!
Il ragazzo starnutì. Gli occhi gli vennero lucidi.

- Piangi?

Il vecchio moderò la voce. Abbassò il sacchetto di carta.

- Piango? No non... cioè sì! Sì, è che mi dispiace tantissimo nonnino per…
- Mi hai fatto fare una figuraccia!
- Ma è stata una brutta serata! Quando sono tornato ho tagliato per i campi, per fare prima, che avevo fame, ma ho trovato uno strano tipo, pescava le rane...
- Santino?
- Mi ha detto che avrei dovuto assaggiarle! Mi ha preso in giro e io gliele ho tirate addosso, le sue rane, così lui è caduto in fondo al fosso, ma io non volevo, lo giuro, se è morto è stata solo colpa sua!
Il nonno cominciò a tossire. Usò il sacchetto di carta per parare i colpi di tosse.
- Poi qui non ho trovato niente da mangiare, proprio niente che non fosse sanguinacci o polenta, allora sono andato in paese, ma c’era una nebbia che non si vedeva niente di niente, e per poco un camion non mi ha tirato sotto sulla strada d’asfalto...
- Sei andato sulla statale?
- Era tutto chiuso, allora ho pensato che qualcuno poteva aiutarmi e ho suonato a quella casa lì, quella con tutte le bandiere, hai presente? Altro che aiuto! Per poco il cane non mi sbrana!
Lo stomaco gli crepitò. Si portò una mano sul ventre. Il vecchio la fissò.
- Ma alla fine hai mangiato?
Il ragazzo dai capelli lunghissimi si rifece la coda.
- Sono tornato distrutto dalla fame, stanco, infreddolito, mi sono lasciato andare sulla poltrona, mi sono addormentato e poi sei venuto tu…
Il nonno lo guardò. Gli porse il sacchetto di carta marrone.
- Cos’è?
- Pane con l’uva!
Alfredo tirò fuori dal sacchetto una piccola scatola bianca e rossa con sopra scritto “Viagra”.
Il nonno ricominciò a tossire. Strappò dalle mani del nipote sacchetto e scatola, poi blaterò qualcosa di incomprensibile tra un colpo di tosse e quello dopo.
Per cercare di sviare la faccenda tirò in ballo, in un solo intricato panegirico, un favore che doveva da tempo a un vecchio internato, una sagra di paese dove si poteva ballare il liscio con le donne del posto fino a notte fonda e Vanessa (la cantante dei “Vanessa e i suoi Gingilli”), che aveva ospitato al casolare (assieme a tutti e dodici i Gingilli) la volta in cui il furgone dell’orchestra si era inabissato nel fango.
Poi estrasse frettolosamente dal sacchetto il panino con l’uva e lo diede al ragazzo. Alfredo lo studiò, poi cominciò a levarne meticolosamente dalla superficie i chicchi d’uva passa. Li poggiò tutti sul palmo. Formarono un mucchietto.
- Ma non ti piace neanche l’uvetta?! Cinquant’anni fa dovevi nascere tu! - riuscì a dire il nonno, cercando di riconquistare un tono credibile.
Alfredo alzò le spalle. Diede al pane senza più uva un morso così grande che ne risparmiò solo un pezzetto. Guardò il vecchio. Gli porse quel che restava.
- Mangialo tu, io non ho più fame.
Il ragazzo riprese a masticare.
- Mi sa che c’è ancora della polenta… - il vecchio indicò la cucina - la taglio e me ne abbrustolisco un po’.
- Polenta anche a colazione? - fece il ragazzo sistemandosi per bene la coda con la mano libera dai chicchi d’uva.
- Cinquant’anni fa…
- Dovevo nascere io! - lo canzonò il ragazzo.
Guardò i chicchi d'uva che teneva in mano. Non li mangiò.