- Alfredo! - gridò una voce dal finestrino.
Il ragazzo dai capelli lunghissimi si fermò a metà delle strisce.
- Sali! - urlò Cesare sporgendosi dal Suv.
Alfredo restò immobile per un momento. Poi fece una corsa e salì dalla porta dietro del Suv.
- Evviva il nostro Alfredo! - dissero in coro i due Beatles.
- Non ti abbiamo più visto stanotte! Dove sei finito? - chiese Vittorio.
- Mi sono sentito male, poi sono finito in una roulotte vicino al fiume…
- Dalle puttane? Ha dormito dalle puttane! - disse Cesare.
Alfredo arrossì.
- E se facciamo un salto alle scommesse per rifarci della sfiga di stanotte? - propose Vittorio.
- Io devo tornare a casa…
- Facciamo presto, vedrai. Poi ti accompagniamo noi.
Alfredo ci pensò.
- Quanto è lontano?
- Siamo arrivati.
L’insegna verde, visibile a cento metri almeno, recitava: “Punto Schèi”.
Era la prima volta che Alfredo metteva piede in un posto così. Vide almeno una decina di persone col naso all’insù, ipnotizzate dagli schermi appesi alle pareti dell’enorme stanzone verde. Da un lato c’erano quarantenni in giacca e cravatta che reggevano una valigetta di pelle ciascuno. Dall’altro un paio di vecchiettini ingobbiti e tristi vestiti pesantemente per la stagione estiva, poi un paio di balordi con i capelli lunghi e il barbone e alcuni giovani con pochissimi capelli in testa. Nessuno parlava, ognuno fissava il proprio monitor con il foglietto della scommessa stretto tra le dita. Per terra, Alfredo vide un tappeto bianco di ricevute stropicciate e abbandonate.
- Sei qui per scommettere anche tu? Così giovane? - chiese un ometto sdentato con una scopa in mano.
- Accompagno degli amici.
- Amici? Che ti portano qui?
L’ometto sdentato ridacchiò sostenendosi sulla scopa.
- Nessuno ti regala niente a questo mondo, caro mio!
Vittorio fece un cenno ad Alfredo. Il ragazzo mosse i piedi alzando da terra un gruzzolo di foglietti stropicciati e si diresse in fretta verso i compagni.
- Mio carissimo Alfredo - fece Cesare allungandogli una mano sulla spalla - che ne dici di ricambiare il favore di stanotte e di tirare fuori un po’ di soldini per le prime scommesse?
- Non è che a noi resti un granché, dopo ieri - disse Vittorio.
Alfredo pensò al nonno. Pensò che se in fondo non era venuto a sapere del night, delle puttane e di tutto il resto era per merito dei due tipi con i capelli da Beatle. Tirò fuori il portafogli e consegnò quasi tutti i soldi che gli erano rimasti.
Fu così che i tre giovani giocarono più e più volte, prima sui cavalli, poi sulle partite di basket, poi su quelle di tennis, senza mai riuscire a racimolare una lira.
- Proviamo l’ultima - disse Vittorio.
- Sul primo marcatore della partita, mi sa che così si prende bene - disse Cesare.
- Ma no, così non si vince una mazza! Puntiamo su un difensore - propose Vittorio.
- Ma quanto si vince se segna? - chiese Alfredo.
- Un bel po’ di soldini. Devi moltiplicare per, vediamo, per diciassette la cifra che giochi. Quanto era la cifra? - disse Cesare.
- Cinquanta euro - disse Alfredo con la ricevuta tra le dita.
- Per diciassette fa…
- Negro di merda! - scoppiò Vittorio.
Dopo due minuti di gioco il centravanti di colore aveva segnato di testa.
Cesare bestemmiò, poi si avviò verso l’uscita.
- Qui c’è qualcuno che porta sfiga - disse Vittorio prima di raggiungere il compare.
Alfredo rimase impalato, col naso all’insù e il foglietto della giocata ancora stretto tra le dita. Il centravanti, sullo schermo, si tolse la maglia per festeggiare, mostrandone sotto una tutta bianca con un grande logo rosso a forma di E.
Dietro al ragazzo, aggrappato alla scopa, l’ometto sdentato ridacchiò di gran gusto.
mercoledì 4 aprile 2007
Dai retta al vecchio (anche se sdentato)
Alfredo ritrova Cesare e Vittorio e si mette di nuovo nei guai.
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