giovedì 7 dicembre 2006

Perchè in fin dei conti la carne rimane carne

Alfredo sbarca a Padova (e finisce dentro a un night)

Oltre il finestrino dell'autobus la nebbia celava ogni cosa.
Il ragazzo dai capelli lunghissimi aveva trovato posto dietro due vecchiette.

- Hai sentito? - attaccò quella coi capelli più bianchi.

- Sono andati da Carlo, il figlio di Egidio.

- Egidio della Dina? - provò quella coi capelli più viola.

- Quello della Giustina.

- No!

- Me lo ha detto Gianni - assicurò la più bianca, aiutando quella più viola a sollevarsi dal seggiolino.

- Gianni il genero della Maria? - s'informò la più viola.

- Ha detto che gli hanno portato via tutti gli ori.

- No!

- Non si sono accorti di niente.

- Zingari?

- Zingari, zingari - confermò la più bianca scendendo per prima gli scalini dell’autobus.

La nebbia della prima periferia se le portò subito via.

- Tanto per cominciare - pensò Alfredo vedendole scomparire - si fa un giro in centro. Poi un negozio di dischi, strumenti musicali e se resta un po' di tempo un salto in sala giochi.

Due controllori salirono sull’autobus.

- Mi iscriverò a questo corso d’inglese, così il nonno sarà contento e mi farà uscire un po’ fuori dal suo casolare. Se poi mi resta qualche euro gli compro pure qualcosa di bello: se lo merita, è stato così buono con me che…

- Biglietto!

Il controllore con gli occhiali abbassati squadrò il ragazzo dai capelli lunghissimi.

- Documento prego - intimò l’altro prendendo la penna dal marsupio.

- Non ce l’ho…

- Nome e cognome, capellone - si sbizzarrì il primo.

- Alfredo… Rossi…

- Rossi?

Il secondo cominciò a scrivere.

Sceso in stazione, il ragazzo gettò a terra la multa. Entrò subito in un grande negozio di musica e ci rimase un paio d’ore a curiosare, poi prese il corso per il centro. Dopo pochi passi, da una stradina laterale come un’altra spuntò una vocina piuttosto suadente.

- Ciao bello…

Alfredo si fermò. Si voltò piano. Di fronte, una splendida ragazza mulatta. Giovanissima, snella e slanciata, con gli occhi sottili e i capelli nerissimi raccolti in infinite finissime treccine. Il ragazzo si guardò alle spalle per un momento: forse quel saluto non era stato per lui?

- Ciao bello… - ripeté l’incantevole creatura.

- Ciao… - esitò Alfredo indietreggiando.

- Tu ha capelli lunghi belli… - osservò subito lei.

- Anche tu - rilanciò lui sciogliendosi la coda.

- Tu viene…

- Io? Dove? - domandò, ma la ragazza mulatta s’era già bella voltata: dondolava le anche lungo il vicolo da dove prima era sbucata.

Alfredo rimase lì come un palo: trascinare le gambe verso il centro prima che fosse tardi o liberarle per il vicolo il prima possibile?

Quando la ragazza, prima di sparire dietro una specie di portone, si girò verso di lui e sorrise, Alfredo decise. Si rifece la coda di cavallo alla meglio e si addentrò.

Oltre il portone trovò un piccolo ingresso semibuio. La ragazza mulatta s’era sistemata sopra uno sgabello di metallo nero con le gambe lunghe in bella mostra. Un omino di una certa età (con le gambe cortissime) fumava il sigaro a fianco di una porticina provvista di tenda da cui parevano uscire note di sax e applausi da terza età.

Alfredo notò la scritta viola al neon che stava sopra la porticina.

- Benvenuto all’Honey Moon - lo anticipò l’omino soffiando fumo grigio.

Alfredo buttò lì un vago sorriso. Riguardò la scritta: di tutte le lettere solo
NEY e MO resistevano illuminate di viola.
- Honey Moon. Tu lo sai l’inglese, no? - chiese l’omino col sigaro tra le labbra.

- Sì… sì… vuol dire Luna…

- Honey Moon: luna di miele. L’omino strizzò l’occhio destro.

Alfredo sorrise imbarazzato. Guardò l’omino, che lo continuava a fissare, poi la ragazza mulatta, che sorrise con grazia.

- Prego, lo spettacolo è appena cominciato - lo invitò l’uomo indicando la porticina con la punta del sigaro.

- Quanto costa?

- Solo dieci euro. Poi, se vuoi, paghi quello che consumi.

Alfredo consegnò il denaro. L’omino intascò, poi scostò la tendina nera della porticina per far passare il ragazzo.

Prima di entrare Alfredo si voltò verso la ragazza mulatta: gli sorrise di nuovo.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Le rivisitazioni del Pinocchio "collodiano", continuano ad affascinare i lettori (che pare non ne abbiano mai abbastanza), e dopo quello Spielberghiano di A.I, quello "scolastico" di Benigni, e in concomitanza con quello visionario e a fumetti di Ausonia (senza dimenticare quelli di Max Bunker e Chies -Pinocchio Super Robot- e del Manara di "Riveder le stelle")ecco questo "Pinocchio a nord est". A mio avviso importante e riuscitissimo esperimento culturale. Tanto che meriterebbe, alla sua conclusione, di essere raccolto in un bel volume. Ma forse il progetto già c'è e io sono qua a postare un commento inutile (ma entusiasta!).
Continuate così!!!!